giovedì 25 marzo 2010

L'arringa della difesa

Il mio cane è nervoso. E' primavera, sbocciano i fiori, gli uccellini cinguettano. Le cagnette vanno in calore. E Pooka deve rimanere chiuso in casa a guaire tutto il tempo. Così, oggi ho deciso di fargli fare una passeggiata in più, e l'ho portato un po' per i campi.
Pooka è un cane particolare. E' molto scorbutico, e non gli piace troppo essere toccato. O guardato, anche. Specialmente da chi non è di famiglia. Di solito non riscuote successo, anzi, è un cane decisamente impopolare, additato come aggressivo e feroce. Abbaia a tutti, e fa dei salti incredibili quando qualcuno passa davanti al cancello, si piazza in mezzo al corridoio di casa con l'osso e ringhia a chiunque si avvicini. Ma basta ignorarlo, ed è tutto a posto. Il problema è che nessuno lo fa.
Ritornando a casa, abbiamo incontrato la Lilla. La Lilla è una nostra ex-vicina di casa, l'incarnazione perfetta della vecchia pettegola di paese, che non perde occasione per parlare dei parenti morti o malati, ma che riesce, a modo suo a risultare simpatica.
Come l'ho incontrata, prima che potessi rendermene conto, stava già cercando di accarezzare il cane. Non me l'aspettavo minimamente, perché lo conosce da quando è nato, e dovrebbe sapere bene ormai che non lo gradisce. Comunque, fatto sta che s'è beccata un bel morso sul braccio.
Cercando di riemergere dalla fossa che mi ero scavata lì per lì per la vergogna, l'ho fatta entrare in casa e l'ho fatta disinfettare. Credo di sudato ogni liquido del mio corpo in quei pochi minuti, mentre la Lilla non perdeva l'occasione per aggiornarmi su chi fosse andato recentemente all'ospedale.
Fortunatamente, ha mantenuto il buon umore nonostante tutto, anche se posso ben immaginare che questo diventerà uno dei suoi racconti preferiti.
Ho messo Pooka in punizione in un angolo, e ho cercato di tranquillizzarmi un po'.
Certo, avere un cane con un brutto carattere è un problema. Ma anche le persone spesso hanno un brutto carattere. Ma almeno possono parlarne.
Non sappiamo come mai Pooka sia così diffidente, e non riusciamo a capire cosa sia esattamente a dargli fastidio. Ma se una persona è scorbutica, nessuno va a tamburellarle la testa; perché a un cane sì?
Pooka fa di tutto, quando ci sono estranei, per essere lasciato in pace: si spalma bene a terra col suo osso e cerca di mimetizzarsi con la tappezzeria. Se, malauguratamente, dovesse essere notato lo stesso, allora ringhia per allontanare il perturbatore. Semplicemente, vorrebbe essere invisibile.
E' un cane; non dirà mai: "Voglio stare per conto mio". Non può. Ma può cercare di farlo capire.
Non posso giustificarlo per quello che ha fatto oggi, e il mio compito consiste solo nel prendere precauzioni affinché questo non si ripeta. Ma non voglio limitarmi a dire: "Il mio cane morde, non toccatelo". Non si può ridurre tutto a questo.
E' vero, è un cane, non una persona. Ma non tutti i cani sono uguali, e nemmeno sono dei peluche. Non stanno lì per essere toccati e spupazzati. E se lui non vuole essere toccato, allora non va toccato. Non è difficile da capire.
A me spetta il compito di trovare una soluzione al problema, e lo farò. Ma smettete di voler per forza fare i simpatici con i cani che non conoscete.

domenica 21 marzo 2010

Lo Gnomo

Oggi vorrei raccontare una storia.
Chi ha avuto la sfortuna di viaggiare assieme a me sa bene che c'è sempre il momento della storia, della novellina della buona notte. E' inevitabile: io sono una logorroica narratrice, e alle mie storie non c'è scampo.

Forse qualcuno dei miei lettori più fedeli ricorderà queste parole. Le usavo per aprire uno dei miei pezzi il 6 novembre 2009, quando volli raccontare, con parole mie, una classica fiaba, L'Intrepido Soldatino di Piombo. Una di quelle storie che ai bambini non si dovrebbero raccontare. A me faceva sempre morire di crepacuore.
Ma oggi non sono qui per raccontare una storia d'amore tra un soldatino con una gamba sola e una piccola ballerina di carta. Oggi voglio spostare l'attenzione su un altro importantissimo personaggio: lo Gnomo.
Per chi di voi non lo ricordasse, lo Gnomo era innamorato della Ballerina di Carta, e fu proprio lui con i suoi poteri magici a trascinare il Soldatino nelle sue avventure, e infine a causarne la morte. Ma soprattutto, lo Gnomo, uccidendo il Soldatino, fece in realtà in modo che anche la Ballerina, la sua amata, cadesse tra le fiamme. Così, distrusse il suo stesso sogno.
Ora, mi pare chiaro che lo Gnomo non volesse che la sua Ballerina bruciasse. Lui, a modo suo, la amava. Ma era uno gnomo. E gli gnomi, come ci raccontano le fiabe, sono malvagi. E quindi, il suo amore per la Ballerina non era un amore cieco, ma orbo.
E' diffusa, anche se a livello di inconsapevolezza, l'idea che per fare il bene della persona amata si debba farle del male. E' un modo completamente egoistico di vivere l'amore, che di per sé lo è già. Ma questo è anche veramente dannoso. E per entrambe le parti.
Lo Gnomo non vedeva la Ballerina per ciò che era, la vedeva solo come sua. Cioè solo come ciò che voleva che fosse. Ma, anche nelle fiabe, la realtà è molto più complicata di ciò che si vorrebbe. E la Ballerina non era di nessuno.
Quando si è innamorati, "mio" è una parola che si dice molto di frequente. Ma non è esatta. Ci si può abbandonare a qualcuno, ma ognuno di noi è prima di tutto di se stesso. Una coppia è comunque composta da due individui. Il vero amore dovrebbe essere in grado di comprendere questo.
Lo Gnomo quindi amava solo e soltanto per sé. Era il solo amore che conosceva. Lui voleva la Ballerina, la voleva e basta, non avrebbe neanche saputo che farsene una volta ottenuta, non sarebbe stato in grado di farla danzare, di farla sorridere come faceva di solito, l'avrebbe solo tenuta per sé, come in gabbia. Ma non avrebbe saputo fare diversamente.
Per questo motivo non seppe farsi amare da lei, e per questo motivo, invece di tentare di conquistare il suo cuore, cercò semplicemente di eliminare la concorrenza. Se lui non poteva averla, allora nessun'altro avrebbe potuto.
Ma la Ballerina aveva già fatto la sua scelta. Una scelta che lo Gnomo fece fondere nel fuoco.
Ma se lo Gnomo non avesse fatto gettare il Soldatino nella stufa, lo sportello di questa non sarebbe stato aperto. E se non fosse stato aperto, la folata di vento che fece cadere la Ballerina non ce l'avrebbe cacciata dentro. Lo Gnomo questo non lo poteva neanche immaginare. Lui voleva solo la Ballerina. E non c'era altro.
Niente logica, niente pensieri, e nemmeno sentimenti. Solo desiderio di possesso.
Non si sa cosa abbia fatto lo Gnomo in seguito, se abbia sofferto o meno. Ai lettori interessano solo i buoni.
Ma di una cosa sono quasi sicura: lo Gnomo non era cattivo. Non capiva. E questo, probabilmente, è il peggiore dei mali.

venerdì 19 marzo 2010

Crescere

Voglio diventare grande. Sono stata piccola troppo a lungo, e adesso non mi va più.
Crescere significherà anche smettere di fare i capricci, ma voglio concedermi quest'ultimo proprio al fine di maturare.
Non voglio perdere altro Tempo. Il Tempo è tutto quello che ho, contiene tutto ciò che mi interessa. Ed è comunque troppo poco.
Forse bisognerebbe cominciare dalla morte, come diceva Woody Allen, e vivere una vita alla Benjamin Button, ma chissà se sarebbe meglio. Io non voglio perdere Tempo.
Le cose cambiano, anche la routine. Si incontrano persone, si fanno progetti, si capovolge tutto e si ricomincia. Si impara il valore di avere accanto qualcuno, mentre la gente entra ed esce dalle nostre vite, come dai vagoni dell'U-bahn, a Berlino. Tornerò là, e stavolta spero non da sola. Ma chissà quando.
Il nostro Tempo è fatto di scelte, di possibilità, e di soprattutto cose da imparare. Io sto imparando cosa voglio.
Il mondo di tutti noi è sempre più proiettato verso il web, la condivisione si potrebbe dire, condivisione che si trasforma in esposizione, che si trasforma in esibizionismo. Apro facebook e so i fatti di tutti, anche di chi conosco appena, anche cose che non vorrei sapere. E sembra tutto inutile, superficiale. Infantile.
Non sono più così insicura, non ho bisogno di sbattere le mie gioie, grandi o piccole che siano, in faccia agli altri, in una vetrina, che vorrei usare solo per svagarmi e ridere, di me stessa e anche un po' degli altri. Ho scelto di ritagliare solo una piccola finestra sul mio mondo, qui, in questo spazio, a cui chiunque potrebbe accedere, ma che solo pochi vanno a cercare. Un filtro sottile, da cui traspaiono la mia vita e le mie scelte.
Tante cose stanno mutando. Mi guardo, e mi scopro sempre nuova, sempre diversa. E, a dir la verità, mi piace. Rimangono solo le mie paure dietro lo specchio. Perché ho paura. Ne ho sempre avuta, un po' di tutto, un po' per tutto, e non ho mai capito perché. Ma ho sempre fatto ciò che dovevo a prescindere da esse. Lamentandomi, piangendo a volte, ma sempre arrivando in fondo.
Lo so che piango spesso, e che faccio i capricci. Ma è qualcosa che a volte sfugge al di fuori di me, oltre la mia volontà e le mie possibilità di controllo. Non mi piace fare i capricci. Ma mi piace piangere.
Me ne sono sempre vergognata, in realtà. E non amo che mi si veda quando lo faccio. A volte, al cinema, non riesco a controllare le lacrime per tutto il film, e nascondo la faccia col cappotto, con la sciarpa, sperando che la persona seduta accanto a me non mi veda. Appena le luci si accendono, scappo in bagno, respiro profondamente, ed esco con un sorriso. Ed è come se tutti sapessero. Anche le vecchiette mezze sorde.
Quello che conta per me adesso però è sapere che tutto questo, tutta la mia paura non può fermarmi, che posso andare al di là, e vedere che oltre la cortina di fumo ci sono solo io, ancora e ancora, che mi rinnovo sempre, mi trasformo, imparo, cresco. E rimango me stessa.

domenica 7 marzo 2010

Piccola immagine del mio sabato sera

Firenze, sabato 6 marzo 2010.
Appuntamento alle nove e mezzo in Piazza della Libertà.
Usciamo di casa con calma, tanto sappiamo benissimo che prima delle dieci La Martinsky non apparirà all'orizzonte.
E infatti è così. Ci ritroviamo in quattro, con un freddo cane, senza sapere che fare. Tipico.
Ma La Marti ha un grande programma: c'è una specie di locale nelle vicinanze, dove stasera dovrebbero suonare dei suoi amici di Vaglia. Andare e sentire tre o quattro pezzi non costa nulla, no?
Ci incamminiamo verso il posto, e quasi già lo scorgiamo in lontananza. A questo punto, e solo a questo punto, La Marti ci ferma. "C'è una cosa che non vi ho detto, e che forse dovevo dirvi prima... Mi han detto che sto locale è un pochino di destra". La concezione di "un pochino" della Marti ci è stata chiara solo quando abbiamo visto le bandiere di Azione Giovani. OVUNQUE.
E' giusto dire anche quanto sia stato difficile poi riuscire a trascinare via La Marti da lì, mentre non è giusto dire alcuna parola sulla qualità della musica, perché, come ben si sa, non si spara sulla croce rossa.
A questo punto, vorrei soltanto sapere come va a finire Ponyo sulla scogliera.

mercoledì 3 marzo 2010

A bocca chiusa non ha mai preso nulla nessuno

La ragione è questa, che tale era la nostra antica natura, e che noi eravamo interi: ed è dunque la tendenza e la corsa verso la totalità che ha nome amore.
Aristofane, Platone, Simposio

Sento il battito del suo cuore sotto l'orecchio. Non capisco bene per quale motivo mi piaccia tanto. E' un fatto normalissimo. Eppure mi fa sorridere, e mi verrebbe voglia di gridare: "Ti batte il cuore!". Tutte le volte. Come se fosse un miracolo.
Mi sento così bambina a pensarci.
Se gli batte il cuore significa che è vivo. Se gli batte il cuore e io lo sento significa che esiste.
Sto con l'orecchio appoggiato al suo petto ed ascolto. Il suono è abbastanza regolare, rassicurante, il corpo emana calore. Non c'è nulla di straordinario in tutto questo, ma mi fa star bene.
Il Tempo potrebbe correre velocissimo, oppure essersi fermato. Non si vede da qui. Vedo soltanto una scrivania e una parete bianca. Sento solo il battito di un cuore e due respiri.
Che quiete. Non mi capita mai di starmene così. Il cervello vorrebbe pensare frasi criptate, vorrebbe costruire delle impalcature che descrivano tutto questo. Ma non ce la fa. Non questa volta. La mente corre veloce, più di se stessa, e smantella intere proposizioni sostituendo loro poche parole semplici, che non hanno bisogno di altre che le seguano. Piccole cose che dicono tutto.
All'università ci insegnano a non pensare alla superficie corporea solo come ad un confine, ma come a ciò che sta a contatto con tutto il resto, tutto quello che c'è all'esterno. Tutto quello che è al di fuori di me. Senza il quale nemmeno esisterei. Non siamo in grado nemmeno di pensare a noi stessi separati da qualunque altro elemento costituente il nostro mondo, nel vuoto totale, nell'assenza di materia. E quindi adesso, in questo momento, voglio usare la maggior quantità possibile della mia persona per sentire questo corpo e questo calore, che forse non hanno niente di particolare, niente di speciale, niente di realmente diverso da altri, ma riescono a farmi stare bene. Punto.
Tutto scorre fluido dentro di me adesso, tutto è estremamente chiaro. Il calore si diffonde alla stessa velocità del pensiero, mi invade un po' alla volta, ma intensamente. Sento come delle piccole fiammelle accendersi su di me, prima sulle dita dei piedi, poi a risalire su per le gambe, e poi nel petto, nella gola, nel naso, sulle gengive tra dente e dente. Incredibile quanto sia precisa questa sensazione.
Sto qui distesa e penso tutto questo, muovendo appena un piede, e accarezzando con una mano. Mi domando come faccia tutto ad essere così limpido proprio adesso, come mai a volte mi affiorino nella mente immagini tanto particolari senza nemmeno rendermene conto, come lo spazio tra i denti in fiamme e il pepe nero nel naso. Chissà da dove vengono certe cose. E ovviamente non funzionano a comando.
Adesso lasciamo questa isola di immobilità. Il tempo rallenta, o riprende a scorrere, non lo so. Non si vede da qui.
L'abbraccio di prima si spezza e le mani cominciano a scorrere. La superficie corporea non è un semplice confine. Voglio usarne il più possibile per sentire questo calore.

Nota di postfazione
E' stato particolarmente difficile scrivere questo pezzo. Di solito sono molto più veloce e molto più fluida. Non saprei giudicare quanto sia chiaro o corretto quello che è venuto fuori. Ieri pomeriggio, mentre vivevo la situazione sopra descritta, le parole che avrei voluto usare per raccontarla si susseguivano nella mia mente alla perfezione, estremamente efficaci e precise. Ma ovviamente si è perduto tutto col disperdersi dell'emozione che le aveva partorite. Ricostruire quei pensieri a freddo non mi è risultato affatto semplice come credevo. Lascio che siano altri a dire se ho compiuto la missione o ho fallito.