venerdì 23 aprile 2010

A proposito...

Ci hanno fatto credere in degli standard troppo alti. E non è una cosa che riguarda esclusivamente la nostra generazione: è sempre stato così, anche se con mezzi differenti.
Oggi noi abbiamo la televisione, il cinema e i romanzi rosa-e non solo. Prima c'erano le fiabe, le leggende, il movimento bohémien, l'impressionismo, il romanticismo, i poemi epici, lo stilnovismo. Tutto per raccontare-alla fine-una storia. Per vie dirette o traverse, si tratta comunque di questo.
Ci sono molti modi per dire una cosa. La versione primordiale è più o meno questa: lei se ne sta in attesa di essere salvata (in stato comatoso in una bara di vetro o su un letto di rose, nella torre di un castello, in una casa a pulire il focolare...) e lui arriva all'ultimo secondo con fare spavaldo e, dopo averle dato un casto bacio in fronte, se la porta via. E vissero felici e contenti.
Né gli uomini né le donne ci fanno troppo una bella figura in questa maniera. E poi, perché la bella principessa deve sempre essere salvata? Dove sta scritto che voglia sposarsi con un salame di principe azzurro, che tra l'altro, come ci dimostrano i cartoni della Dinsey, ha sempre una gran faccia di culo? E perché il principe dovrebbe salvare una che nemmeno conosce? Perché lei ha infilato la fettina in una scarpetta di cristallo, pure scomoda? No, non mi piace.
Ma capisco che queste sono puntualizzazioni da ventenne inacidita, e magari anche con la sindrome premestruale. Si tratta pur sempre di fiabe.
Gli stilnovisti hanno indorato la pillola ancora un poco, trasformandoci in donne angelo, pure e perfette, che scaturiscono luce propria. Donna come tramite tra l'uomo e Dio. E versi su versi in risposta ad uno sguardo scambiato con una donna già sposata a un altro, ma l'amore del dolce stilnovo è di natura diversa. Tant'è vero che Paolo e Francesca, i quali hanno osato consumare il proprio amore, sono stati piazzati direttamente all'Inferno.
Non si può gettare fango su un pezzo così importante della poesia italiana, e non lo farò. Ma forse credere in certe cose non aiuta a tenere i piedi per terra.
Si potrebbe andare avanti a lungo con questo elenco, e soprattutto passare intere giornate a parlare dei romantici, e quello in cui si sono-purtroppo-evoluti. Ma finirebbe per trasformare il tutto in una lista della spesa, per di più cinica.
Ciò a cui volevo arrivare è questo: crediamo che l'amore sia questo. Che la vita sia questo. Che ci sia, in qualche modo, una trama, per ognuno di noi, che siamo, come forse direbbe il grande Ariosto, un filo che disegna l'intreccio di un enorme arazzo, che va visto da una certa distanza per poter essere capito. Che ci sia un percorso preciso da seguire, chiaro, così come ci viene raccontato, e, come in una reazione chimica, bilanciando le parti si otterrà ciò che vogliamo così come lo vogliamo. Come se bastasse dire ti amo per essere amati, studiare per essere intelligenti, parlare per essere oratori. Non è esattamente così che funziona.
Quando ero molto piccola, pensavo, con assoluta certezza, che la vita fosse un film. Non come un film, ma un film. Non sarei morta. Semplicemente, arrivati al lieto fine, come vedevo nei cartoni animati, il film sarebbe finito. Tutto qui.
E sarebbe arrivato, prima o poi, il lieto fine. Succede sempre. E prima o poi sarebbe finita la parte introduttiva, in cui non succede niente, e sarebbe cominciata la storia vera.
Ci sarebbe stato un principe, probabilmente. Forse un castello, e sicuramente un cavallo bianco. [La mia risaputa avversione per i cavalli la sviluppai più avanti].
Poi cominciai a capire che non era come credevo, e per un motivo molto semplice: la storia era troppo noiosa. Insomma, a chi poteva interessare un film del genere, dove non succedeva mai niente?
Non era un film, e io dovevo morire. Forse senza il mio lieto fine. O con una conclusione alla Barry Lyndon. No. Non mi è mai andato giù.
Oggi penso a tutto questo, col naso gelato, mentre guardo fuori dalla mia finestra, oltre la tenda verde, e ascolto la pioggia. Aspetto ancora che succeda qualcosa, ma non lo spero più. Posso semplicemente fare la mia parte, non starmene con le mani in mano, e cercare di ottenere comunque qualcosa, anche senza una fiaba. E' questo quello che si può fare. Dare il proprio 100%. Anche se non garantisce nulla.
Se una cosa sembra troppo bella per essere vera, guardati intorno, perché probabilmente non lo è.
Io faccio quello che devo, e vorrei sperare di migliorarmi, un po' per volta, e di capire sempre qualcosa in più.
Eppure, non riesco a smettere di credere che qualcosa stia per arrivare. Ma forse si tratta solo del 2012.