martedì 5 ottobre 2010

Notevolmente più grosso, da guardare fissamente negli occhi

Comunichiamo continuamente. Tutti. Anche quando non ce ne rendiamo conto, così come non sempre ci rendiamo conto di cosa comunichiamo.
Il linguaggio non si ferma alla parola, ma è molto di più. Ci sono i gesti e tutto ciò che riguarda ciò che chiamiamo il linguaggio del corpo, e molto altro ancora. E' un campo che può apparire sconfinato, e affascinante.
Ma la parola è senz'altro ciò con cui tutti abbiamo più confidenza. Se si parla di linguaggio, si parla di parole. Di parlare. Tutti facciamo subito questo collegamento. Chi poi conosce l'argomento in maniera più approfondita può farne anche altri, ma questo vale certamente per tutti.
C'è una cosa però alla quale di solito non si pensa, ed è ciò su cui sto riflettendo ultimamente. Esiste un momento in cui sentiamo una parola per la prima volta. Il più delle volte è impossibile da ricordare, eppure deve essere avvenuto per forza. Una parola che prima per noi non esisteva.
Penso a vocaboli che non vengono usati comunemente, per un motivo o per un altro, dei quali però conosco il significato. E magari non li uso mai. Non ricordo nemmeno se li ho mai usati. Quando li ho sentiti per la prima volta? Come ho fatto a impararli?
Mi diverte cercare di ricordarlo. E, a volte, ci riesco.

Pagaia.
Non ho mai avuto a che fare in vita mia con una pagaia. Ne sono più che certa.
Ho sentito per la prima volta questo termine in un film, tanti anni fa. Forse non andavo neanche alle elementari.
Sono gli anni '90. E' il periodo in cui vado pazza per Marilyn Monroe. Per le bionde tettone in generale.
Mia madre torna a casa con una videocassetta. E' una di quelle che danno coi giornali o con le riviste, cose di cui ancora non so nulla, che per me servono sono ad ottenere videocassette a prezzi irrisori.
E' un film vecchio. C'è Marilyn. Si intitola Quando la moglie è in vacanza.
Non sono ancora abbastanza maliziosa per cogliere le sfumature della trama. Però capisco questo: la moglie del protagonista (Tom Ewell) è partita con le vacanze col figlio, il quale però ha dimenticato a casa qualcosa. Una pagaia.
Non riesco a capire perché non la chiamino remo, parola con cui invece ho familiarità. Non so che differenza ci sia. Ma collego il nome a quell'oggetto. Non lo sentirò più usare per almeno dieci anni.

E' curioso. E' divertente. Se mi sforzo, posso farlo con molti altri vocaboli, e anche con svariate espressioni, che mi rendo conto di non aver mai usato prima di trovarmi in un determinato luogo o di avere a che fare con una determinata persona.
Dietro ogni parola che usiamo potrebbe esserci una storia che abbiamo dimenticato, e che forse varrebbe la pena di ricordare. Sarà perché mi piace avere una storia per tutto. E per citare una frase celebre, di cui però non riesco a ritrovare le parole esatte, quando un uomo (o una donna) non ha più una storia da raccontare, allora è una persona morta.

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