domenica 29 novembre 2009

La risposta "NO"

"Se te l'avessi chiesto, mi avresti risposto di no."

Cos'è una domanda?
Quella che ho appena fatto, per esempio.
Cos'è un permesso?
Una risposta ad una domanda.
Cos'è il rispetto?
Il fare la domanda.

Deve'essere così che funziona, almeno credo, o in un modo non molto dissimile da questo, non so, non sono sicura, non ricordo bene.
Non so con precisione cosa fare di me. Anzi, non so come comportarmi, ad esser onesti e precisi. E io sono onesta. E precisa. Pignola.
Mi ritrovo con un corpo, un ingombro di troppo, mentre navigo ancora, fuori dal Mondo Convesso, anche se la pazzia, o almeno la sua fase culminante, sembra finita.
E che me ne faccio?
Ha un suo peso, come l'aria, minimo, ma ce l'ha. Mi mantiene ancorata a terra-o forse sono gli anfibi?
Devo porlo nello spazio, devo farlo nel modo giusto. Ma qui c'è solo il Tempo, e il mio lavoro diviene più difficile.
C'è un Fuori, pieno di parole. Di bocche. Di corpi. Di mani.
C'è un Fuori, pieno di domande. Domande da fare, domande fatte, domande abortite.
E poi, ci sono le domande che non viene nemmeno in mente di fare.
Ci sono le azioni, senza parole, senza domande, a cui si risponde con un'altra azione.
Ad ogni azione corrisponde una reazione.
Un rapporto causa-effetto.
Eppure io vorrei dire qualcosa.
Sento questa parola che mi si forma spesso nella testa, rimbalza sulla superficie del mio cranio, e rimbomba dappertutto, cercando la via di fuga delle labbra: no.
No. NO.
Ma ancora più spesso è l'attesa. L'attesa che qualcosa passi, che il Tempo scorra, che questo momento finisca.
E non posso dire di no, non riesco a dire di no.
Perché la domanda non c'è. C'è l'azione, l'imposizione.
E quindi, non c'è il no. Ma non c'è neanche il sì.
I fatti vogliono parlare da soli.
Si perdono di vista molte cose in questo modo, eppure sono talmente ovvie che le parlore per descriverle dovremmo già saperle dall'inizio.
Ma, come sempre, ci vuole un atto scatenante per metterle in fila.
E l'atto scatenante è una nuova domanda, quando ormai stavo quasi cominciando a dimenticarne il significato.
Mi fa ridere, mi suona assurda, quasi ridicola forse. Eppure è così normale, ragionevole.
E allora dire di no è finalmente facile.

1 commento:

  1. Non porre la domanda significa aver paura della risposta.
    Almeno, per esperienza personale, ci si può nascondere dietro un "ma io te l'ho fatto capire in tutti i modi..."
    Sì, vero, ma senza esporci dietro al possibile rifiuto... o alla possibie accetazione di noi...

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