domenica 8 novembre 2009

Una popolazione di un solo individuo, nessuna statistica

La statistica, la matematica, che belle cose!
Oggi possiamo osservare secondo quali modelli tutti noi agiamo, e ci sono modelli e funzioni praticamente per qualunque cosa.
Se dobbiamo affrontare una situazione, le statistiche ci dicono quante e quali possibilità ci sono che la cosa vada come, e così possiamo già sapere come regolarci.
Non dobbiamo nemmeno più sforzarci di capire come funziona un rapporto di coppia, perché hanno studiato un modello anche per quello, a quanto mi racconta Jacopo.
Inutile spremere le meningi, siamo tutti cifre in uno schema matematico, siamo tutti uguali, siamo tutti numeri.
La nostra vita è una serie numerica, facciamo tutti parte di una variabile, seguiamo le stesse costanti, e tutto si può calcolare.
Una grande funzione che racchiude tutta la nostra vita, con pagine e pagine di calcoli e statistiche. E' questo che siamo. Come perdersi in qualcosa che è così minuziosamente matematicamente dimostrato?
Eppure è così che ci si perde.
Stasera ho visto Jacopo. Siamo stati al cinema. Abbiamo visto "Parnassus-L'uomo che voleva ingannare il Diavolo". E' stato gradevole, due ore passate velocemente, con tanti bei colori che ci scorrevano rapidamente davanti agli occhi e pure un bel paio di tette. Proprio quel che mi serviva.
Jacopo ha lo sguardo perso. Ultimamente me ne rendo più conto del solito. E' distante chilometri da questa saletta col pavimento cosparso di pop-corn, calda, racchiusa nella sua semioscurità e le pareti di velluto rosso. Gli occhi seguono le immagini proiettate sullo schermo, ma la mente non saprei dire dove sia.
A film terminato mi dice di non aver capito quasi nulla di ciò che accadeva. Si era perso un dettaglio fondamentale. Glielo spiego, e i pezzi vanno al loro posto.
E' lontano, ormai me ne sono accorta e non posso più fare a meno di notarlo in tutto quello che fa.
Jacopo si è perso. Si è perso perché è solo un altro numero. Si è perso perché ogni sua emozione, ogni suo sentimento, è descritto in una funzione in cui rientriamo tutti.
Siamo seduti ad un tavolino al MacDonald fuori della stazione. Odio mangiare a quei tavolini, mi sembra che tutti mi fissino, sia dentro la saletta sia da fuori, attraverso il vetro. Ma Jacopo insiste, lo fa apposta perché sa che mi dà fastidio.
Parliamo. Mi racconta le sue solite storielle da nerd, che mi fanno ridere e spesso rendono impossibile prenderlo sul serio. Che occhi da bambino che ha. Mi sento sempre più mamma nei suoi confronti. Anche nel modo in cui mi fa incazzare. E dire che ci scambiano sempre per una coppietta.
Jacopo mi dice che non sa più cosa vuole. Credo di aver capito perché.
Jacopo studia ingegneria elettronica, parla di modelli matematici e gatti imburrati. Non si ricorda più che lui non è semplice numero tra gli altri, non è solo un dato all'interno di una statistica. Le statistiche non significano niente senza la storia di ogni individuo, e quindi per il singolo non vogliono dire nulla.
Prendiamo come popolazione una popolazione di un solo individuo. La statistica, in questo caso, non si potrebbe fare. E allora questo povero diavolo come farebbe? Di testa sua.
Sì, è vero, siamo tutti umani, e sì, siamo tutti uguali, siamo tutti riducibili ad una funzione. Ma la funzione la facciamo noi. Uno per uno.
Se dovessimo pensare che tutto ciò che facciamo è inutile, in quanto già descritto e dimostrato matematicamente, la funzione non ci sarebbe più.
Non siamo solo numeri, siamo individui, la nostra storia ce la scriviamo da soli.
E poi si può sempre sperare-anche inutilmente-di essere quel valore che sta al di fuori dalla curva, quello che manda ai pazzi gli studiosi di statistica.

Nota di postfazione: chiedo perdono per tutte le eventuali eresie matematiche che potrei aver scritto in questo pezzo. Non posso dire di non averci provato.

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