giovedì 5 novembre 2009

Anche i vermi piatti hanno occhi

Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Vorrei essere libero come un uomo.

Come un uomo appena nato che ha di fronte solamente la natura
e cammina dentro un bosco con la gioia di inseguire un’avventura,
sempre libero e vitale, fa l’amore come fosse un animale,
incosciente come un uomo compiaciuto della propria libertà.
-Giorgio Gaber

Firenze. La Specola.
Corso di laurea in Scienze Naturali, primo anno.
Il Vannini decide che è giunto il momento di metterci dietro ad un microscopio ad osservare un po' d'acqua di ristagno, e vedere cosa c'è dentro, sperando di trovare qualche protozoo-di cui, comunque, non c'è ombra.
Ci sono parecchi vermi piatti, che nuotano-o strisciano? coi loro due occhietti neri, che trovo paurosamente espressivi, sebbene non siano altro che puntini.
Giovanni, col vetrino coprioggetti, fa strage di vermi piatti e altri piccoli organismi, che paiono impossibili da posizionare sul vetrino per essere osservati a microscopio senza venir prima spiaccicati a dovere. Lo rimprovero, dicendogli che un bravo padre non fa così coi suoi pargoli.
Alla fine dell'esercitazione buona parte dei piccoli organismi che abbiamo tentato di osservare sono morti, chi schiacciato per sbaglio col vetrino, chi spruzzato in aria da una pipetta, chi intrappolato nella stessa.
Mi dispiace per quelle bestioline. Sono capitate nelle mani pasticcione degli studenti di primo anno a caccia di protozooi, la peggiore delle sorti.
I protozooi... Hanno pure una sessualità, a quanto pare. Mah.
Mi sono messa a pensare a quello che è significato per i nostri vermetti l'essere schiacciati. Non penso abbiano provato paura né dolore, non so nemmeno se un organismo del genere possa provare cose simili. Ma la morte ha comunque un peso. Non credo ci sia bisogno di sottolinearlo.
La vita vuole conservare se stessa. Ogni forma di vita lotta per la vita stessa, per portare avanti il proprio codice genetico, trasmetterlo. Portare avanti la vita.
Le 17:10.
Prendo il pullman per tornare a casa. Sono stanca, sento che mi sta venendo un bel mal di testa. Ascolto la musica e rifletto. Rifletto sulle parole, sull'eco che producono nella mia testa, sullo strisciare dei vermi piatti, sui loro piccoli, piccolissimi occhi.
Mi alzo per scendere. C'è una donna con un bambino piccolo, appena nato, in una culla. Si sposta per farmi passare, e io sbircio dentro. Vedo una testolina rosea sbucare da sotto una copertina azzurra. Apre la bocca. Sbadiglia. Vedo la sua piccola lingua rossa e le gengive da cui un giorno spunteranno i dentini da latte, e penso: "Questa è la Vita. E va avanti".
Una femmina che non può dare alla luce un individuo in grado di procreare ha perso il suo appuntamento con la vita.
Questa frase mi rimbomba in testa da giorni. Ha perso il suo appuntamento con la vita. Suona tremendamente. Fa paura. Mi fa paura.
E se io non ci riuscissi? Se non fossi in grado di farlo?
L'umanità che ci siamo attribuiti vuole insegnarci che ci sono altre cose che possiamo fare, ci sono altri valori e ideali, altre cose a cui dedicarsi. Ma se il nostro scopo biologico primario è questo, che significa non realizzarlo?
Scendo dal pullman. Vado a casa.

3 commenti:

  1. ma per fortuna non esist solo lo scopo biologico ! e tutto il resto dove lo mettiamo ?

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  2. c'è il solito problema: non mi piace l'umanità.
    Andrò a vivere in esilio nei boschi coi lupi...

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