sabato 24 ottobre 2009

C'è solo il Tempo fuori dal Mondo Convesso

Allungherò le dita dei piedi perché tocchino la spalliera del letto. Toccando la spalliera mi assicurerò che ci sia qualcosa di duro. Non sprofonderò; né scivolerò, dal lenzuolo leggero. Mi allungherò sul materasso sottile e resterò sospesa. [...] Potessi strapparmi da queste acque! Invece si accumulano, mi si rovesciano addosso, i sballottolano, io precipito, e i ritrovo distesa tra queste luci lunghe, queste onde lunghe, questi sentieri senza fine, tra gente che spinge, che spinge.
-Virginia Woolf, Le Onde

E' successo, alla fine. Sono caduta dal bordo del Mondo Convesso. Ero al limite dell'equilibrio già da un po', e ora sono caduta. E' successo, alla fine.
Ero sul bordo del Mondo Convesso, e stavo per cadere. Poi ti ho visto. Tu mi hai spinta giù, e sorridevi quando l'hai fatto.
Anche tu sei stato sul punto di cadere giù. Ma all'ultimo secondo l'hai vista e ti ci sei aggrappato. E ora ti fa da appiglio, ti tiene in equilibrio, ma non ti illudere: sei ancora sul bordo. Per questo mi hai spinta giù.
La caduta ha fatto paura. Come Alice precipitavo giù, sempre più giù, per chilomentri e chilometri, per un tempo che avrebbe potuto essere un'eternità o un istante. L'aria è stata risucchiata via dai miei polmoni, la vista si è annebbiata, i muscoli si sono contratti, i denti stretti in una morsa.
E poi l'atterraggio, forse ancora peggiore della caduta. L'urto ha schiacciato la mia gabbia toracica sui miei polmoni, mi ha spezzato il respiro e troncato le gambe.
E' curioso trovarsi, d'un tratto, morti, fuori dal mondo. Ma no, non sono morta. Sono fuori dal Mondo Convesso, e qui non è prevista la morte. La luce è bianca, come quella al neon, quella che odio. L'aria è tagliente come una lama di coltello sapientemente affilato, impossibile respirarla. Tutto sembra gelido e sdrucciolevole.
Rimango a terra, a contorcermi piangendo, cercando di prendere una boccata di quell'aria affilata come un rasoio, tremando, gemendo, sussultando. Gli occhi chiusi, le orecchie sentono solo i miei singhiozzi rimbombare, rimbombare, rimbombare nel vuoto.
Dovrò alzarmi, prima o poi. Ci provo, debolente, ma mi sembra di scivolare, le gambe non reggono.
Poi mi ricordo: sono fuori dal mondo. Qui le gambe rotte, i poloni schiacciati non sono niente. Qui non c'è niente: solo io, e il tempo.
Ora posso dirlo veramente: ho tutto il tempo, libera da qualunque cosa, qualunque ipegno, pensiero, libera perfino dalla morte. C'è solo il tempo, tutto il tempo del mondo.
Appoggio i piedi a terra, mi sollevo. La testa gira, gli occhi sono ancora pieni di lacrime, il naso è intasato e cola. Non riesco a respirare, vedo dei puntini che mi ballano davanti agli occhi. Ma sono in piedi.
Muovo qualche primo passo barcollante, con la sensazione di morire d'asfissia e di star per franare rovinosamente al suolo. Ma sono fuori dal mondo. Il Mondo Convesso non è più il mio mondo, ora sono alienata all'inverosimile da tutto e tutti.
Lo vedo, il vostro mondo, da qui. Vi vedo, tutti voi, che ci nuotate dentro come pesci in un acquario. Da qui non avete più segreti per me, vi leggo dentro come se foste tutti di vetro. Tutte le vostre maschere cadono di colpo, il gioco delle parti è finito. Non siete poi così diversi da me, né da nessun altro. Però sono io a vedervi l'anima adesso. Che spettacolo ridicolo, la vita. Tutto si riconduce agli stessi schemi, alla fine, eppure nessuno riesce a prevederli, tanto siamo incapaci di essere felici. Com'è comica l'infinita danza dell'umanità vista da qui!
E vedo anche te. Ti vedo bene, come non ti ho mai visto. Ora non ti puoi più nascondere dal mio sguardo, sei un pezzo di cristallo limpidissimo. La tua corazza si è infranta, la cortina di ferro si è sciolta, le tue parole non ti difendono più, ho solo i tuoi occhi con cui confrontarmi. E loro non mi mentono, mai. Non l'hanno mai fatto, e meno che mai possono farlo adesso.
Ti vedo, che barcolli sul bordo del mondo, come han fatto in molti e come ho fatto anch'io, prima che tu mi spingessi giù. Vedo lei, a cui tu sei aggrappato, e la maschera di felicità che ti sei fatto che si stacca da te e cade, cade, cade, anch'essa cade fuori dal mondo. Ma non tocca mai terra. Si dissolve, svanisce in fumo. E anche il fumo svanisce. No, non si dirada nell'aria. Svanisce.
Le maschere, le finzioni, i trucchi non ci sono qui. C'è solo il tempo. E il tempo accetta solo la verità. E lo sai, io sono una persona vera. La mia facciata è crollata, e ora sono qui, che ti guardo danzare barcollando ancora sul bordo del Mondo Convesso. Non cadrai per ora, e non rinuncerai al tuo appiglio, alla tua maschera. Ma da qui io vedo tutto, e soprattutto vedo te, e so. So quello che nemmeno tu ancora sai di sapere. Ma cadrai, prima o poi cadrai anche tu. Io aspetto. Io ti aspetto. Ho tempo, tutto il tempo.
C'è solo il tempo fuori dal Mondo Convesso.

1 commento:

  1. leggerti mi fa lo stesso effetto delle opere di dalì, angosciante, denso di significato, bello.
    il sole non si può guardare se non con occhi socchiusi, eppure se si fa attenzione, si vede che persino lui indossa una maschera ed il suo volto aldilà di essa...beh il suo volto è bellissimo..perchè al posto di stare fuori dal convesso mondo in compagnia del solitario tempo non riesumi con plateale gesto le tue "lenti rosa"...cara...?

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