domenica 1 novembre 2009

A ginocchia scoperte

La torta è meno bella di quanto lei aveva sperato che fosse. Cerca di non dar peso alla cosa. E' solo una torta, si dice. Solo una torta. Lei è Richie l'hanno glassata, e lei ha colpevolmente inventato qualcos'altro da fare per il bambino mentre componeva delle roselline gialle sui bordi con una siringa e scriveva: "Buon compleanno Dan" con la glassa bianca. Non voleva il pasticcio che avrebbe fatto suo figlio. Comunque non è venuta come lei se l'era immaginata: no, per niente. Non ha niente che davvero non vada, ma si era immaginata qualcosa di più. Se l'era immaginata più grande, più straordinaria. Aveva sperato (lo ammette solo con se stessa) che sarebbe stata più ricca e più bella, più strepitosa. La torta che ha fatto le sembra piccola: non solo in senso fisico, ma nella sua entità. Sembra amatoriale, fatta in casa. Si dice: è bella. E' una bella torta, piacerà a tutti. Il suo aspetto sgraziato (la dispersione di briciole nella glassa, la "n" schiacciata in "Dan", arrivata troppo vicino a una rosa) fa parte del suo fascino. Lava i piatti. Pensa al resto della giornata.
[...]Laura riporta il figlio nel salotto, lo rimette davanti alla sua torre di blocchi di legno colorato. Una volta che lui è sistemato, ritorna in cucina e, senza alcuna esitazione, prende la torta e la fa scivolare dal piatto bianco latte nel cestino della spazzatura. Atterra con un suono sorprendentemente solido; una rosa gialla si è spalmata contro il lato curvo del cestino. Si sente immediatamente sollevata, come se delle strighe d'acciaio intorno al suo petto fossero state allentate. Può ricominciare, adesso. Secondo l'orologio a muro sono appena le dieci e trenta. Ha tutto il tempo per fare un'altra torta. Questa volta impedirà alle briciole di finire nella glassa. Questa volta traccerà le lettere con uno stuzzicadenti, così saranno centrate, e lascerà le rose come ultima cosa.
-Michael Cunningham, Le Ore

Halloween è passato.
E anche questa l'abbiamo fatta.

Sono andata a casa del Polly per prepararmi alla serata, dove mi aspettavano lui e la Sara, che insieme a me ha avuto un bel po' da litigare coi vestiti.
Poi la fase di trucco. Massima cura nello stendere un velo di bianco sul viso e nel ripassare il contorno occhi col pennello... Da vere artiste, insomma.
Il Polly invece, vestito con abiti militari, elmetto nero in testa, prende il tubetto di sangue finto e comincia a spremerselo sulla faccia con grande entusiasmo. E' andata a finire in un macello di chiazze rosse su volti, e sì, anche vestiti.
Siamo usciti di casa che parevamo tre personaggi venuti fuori da un qualche film di Quentin Tarantino, uno sminatore nazista, una pin up boscaiola con le gengive spaccate e una punkabbestia con la stesta piena di crepe. Davamo decisamente spettacolo.
Bisognerebbe saperlo che queste serate son sempre così: ci si combina da perfetti idioti e si passa il tempo ad osservare le reazioni dei soliti anonimi che si incrociano sugli autobus. Ma siamo belli, belli da morire, che possiamo farci?
Ok, cerchiamo di essere onesti: mi fa sentire terribilmente a disagio vestirmi "da donna". Non mi ci ritrovo proprio per nulla, mi sembra di non avere altro che difetti spalmati su tutta la superficie del mio corpo, e come li vedo io dovranno pur vederli anche gli altri, no?
O magari no. Magari è solo un grosso specchio deformante nel mio cervello. O in quello degli altri. Chissà.
Non so come descrivere tutta la lunga serie di masturbazioni mentali in cui rimango invischiata ogni volta che mi capita di pensare a questo genere di cose, eppure in realtà dovrebbero essere problemi che non sussistono. In fondo, non sono niente di così fondamentale o terribile. Ma se ci si inciampa un motivo dovrà pur esserci, qualcosa di più complicato di ciò che appare, di più radicato e sfaccettato.
Mi limito a chiamarlo senso di inadeguatezza.
No, probabilmente non è niente di reale, è tutta una mia impressione, ma per l'appunto è lì, ben piazzata nella mia testa, e non sembra proprio essere intenzionata a levare le tende. Si fa sentire ogni volta che può, ed ha una vocetta nasale, irritante. E rende più difficile fare cose che dovrebbero risultare semplici.
Senso di inadeguatezza, ma inadeguatezza nei confronti di cosa?
Non lo so nemmeno io. Divertente. E da teen ager. Perfetto.
Non si tratta di qualcosa che riguarda solo me. Senso d'inadeguatezza, inettitudine... Hanno scritto libri che ruotano su quest'unico perno.
Manca sempre la soluzione però. Un modello col quale identificarsi, e nessuna soluzione nemmeno per lui.
E ancora quale sia il vero problema non è chiaro. Nasce da un groviglio di insicurezze, di frustrazioni, di problematiche, che eppure devono essere banali.
Inadeguatezza a cosa? Alla vita?
No, probabilmente no.
Vorrei solo ficcare una patata nella gola da cui esce quella fottuta vocetta nasale.

3 commenti:

  1. vorrei sapere che fine ha fatto la mia commentatura filippica...
    mi ripeterò per divin concessione...

    dicevo, la seconda torta le è venuta all'altezza delle proprie aspettative?

    passando al tuo scritto... questo è un'espressione stravagante della tipica ingratitudine umana perchè, marti mia, il tuo corpo è quanto di più bello possa immaginare,è perfett ed è il mio continuo riferimendo, quindi non bestemmi così!

    seconda di poi, sono reduce dalla rilettura gipiana e devo assolutamente dirti una cosa! non hai idea (o forse si?!??) di quanto il vostro stile narrativo sia simile!!!il diario di fiume potresti tranquillamente averlo sceneggiato tu! quando me ne sono resa conto non sono più riuscita a procedere nella lettura senza immaginarmi te nelle vesti di narratrice...cosa che non mi sento di escludere per un futuro, ti ci stravedo in collaborazione artistica!...ora vado a risolvere i problemi del mio account google...
    -.-"

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