sabato 9 gennaio 2010

Lettera a M.

Ho iniziato questa lettera già due volte, sul mio blog. Due tentativi che non hanno mai visto la luce. Forse perché non sapevo ancora come parlarti.
Sei incostante. Una sinusoide, mi dici. Forse fa parte della tua attrattiva. O forse, molto più probabilmente, è ciò che mi fa paura.
Mi chiedi se penso di lasciarmi andare con te. Vorrei, ma come si fa?
Una cosa che ho sempre odiato e temuto è la sensazione di trovarmi sull’orlo di un abisso. Ho anche scritto di questa cosa.
Letterariamente, la mia scelta è stata quella di lasciarmi cadere. O meglio, di cadere. Forse spinta.
E’ quello che vorrei fare anche con te-cadere, intendo.
Stare in bilico sul bordo fa paura, crea insicurezze, dubbi.
Ti sei mai tuffato da una scogliera? Gli attimi prima di buttarsi sono terribili.
Ho espresso più volte il desiderio di volare via. Di lasciarmi precipitare, di sentire il vuoto che mi avvolge, sopra di me, sotto di me, intorno a me; che mi sostiene.
Abbandonarmi completamente.
Senza paura.
Un giorno spero di farlo. Senza paracadute.
“Stai tranquilla che ti tengo”. Così hai detto. Sembrano le parole di chi insegna a un bambino ad andare in bicicletta.
Perché pensi non ci sappia andare?
La paura è grande, ma vorrei vedere al di là. Mi servono solo le lenti giuste. E le ali per poter volare.
Tu sei una sinusoide. Mi chiedo fino a che punto farò parte della tua curvatura. O forse la trasformerò in spirale e mi ci farò avvolgere dentro.
Chi lo sa. E’ presto.
Hai detto che mi avresti tenuta. Tienimi. O lasciati precipitare con me. Sarà così male?

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