venerdì 21 maggio 2010

...e l'altalena va giù

C'è un punto, uno solo, molto chiaro, a cui si riduce tutto questo. E ne abbiamo parlato, eccome se ne abbiamo parlato! Potresti immaginar perfettamente quello che sto per dire. Ma non lo farai.
Infantile trasformarlo in uno sfogo pubblico su un blog, sì, certo, infantile. Non c'è altro commento da fare, no? Ma vedi, c'è altro in realtà. C'è che forse ho bisogno di farlo questo sfogo, e ne ho bisogno adesso, in questo preciso momento, per evitare che quello che ho appena finito di mangiare mi si rivolti nello stomaco e si trasformi nell'insonnia di questa notte. E comunque, probabilmente non ti accorgerai neanche dell'esistenza di queste parole.
Non sono arrivata a questo punto per ritrovarmi da sola davanti a uno schermo, non una, ma centinaia di volte. Non ho cercato così faticosamente qualcuno per poi stare da sola. Specialmente adesso.
E in effetti, sai, forse così sola non sono. Perché ci sono persone, non qui presenti fisicamente né in questo né in molti altri momenti, proprio come te, che riescono comunque a tenermi compagnia, anche per pochi minuti. Che, qualunque sia il giorno della settimana, se hanno ne hanno voglia prendono il telefono in mano e fanno il mio numero, per il piacere di sentire una voce amica all'altro capo del filo. Per fare un sorriso dopo una giornata inequivocabilmente di merda, e cercare di scacciare per cinque fottuti minuti i brutti pensieri dalla testa.
Oggi voglio vivere senza rendermi conto.
C'è veramente una striscia di Quino per ogni cosa.
E, alla fine dei conti, stasera io sono qui. Sento tutto il peso del mio corpo, qui. E tutto il rumore dentro la mia testa. Qui. E sai, non ho proprio modo di mandarlo via in questo momento. Non posso non rendermi conto.
Questo spazio, questo stupido spazio nero su internet, a cui si può facilmente non fare caso, accidentalmente finisce col raccontare una storia, che può essere seguita da un osservatore esterno, mentre si svolge. E, sempre accidentalmente, questa storia parla di me. E' la mia. Io stessa l'ho scritta. E no, non ho fatto tutta questa strada per arrivare qui. Nemmeno volevo passarci di qui, non so veramente cosa io stia facendo. Qui.
E la cosa che mi lascia amaro in bocca più di ogni altra, è che so che non sono in grado di alzarmi ed andarmene, che tra sei mesi sarò ancora a questo punto, e starò ancora cercando di farmelo piacere. Ma credimi, non sarà così. Ma che vuoi farci, è un capitolo che ho già scritto una volta, aspetto solo che arrivi il finale. Te l'ho detto, non ho energia, non ne ho davvero. Aspetto che mi si stacchi la spina.
E tutte le cose, tutti i pensieri, tutte le migliaia e migliaia di parole che mi si stanno riversando nella mente, secondo dopo secondo, non ce la faccio, non posso spiegarteli. Condividere non è ciò che si fa con un link su facebook. E non è così immediato.
Per rispondere nuovamente alla tua domanda, sì, di ubriacature di parole si può vivere anche un anno, e si può credere che siano veramente ciò che conta. Ma questa sensazione ormai la conosco. Non mi sazia.
E ora, di' pure che sono infantile. Io qui ho finito.

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