martedì 2 febbraio 2010

Fanculo la maglietta di Kierkegaard

Sto perdendo del tempo in cui avrei dovuto studiare, scrivendo qui.
No, non voglio dire che lo sto sprecando, non è vero e non mi piace nemmeno come suona.
Lo sto impiegando diversamente, ecco.
Lo sto impiegando diversamente per qualcosa che ritengo veramente importante.
Non voglio invadere lo spazio di nessuno, e ognuno ha diritto al suo spazio. Non voglio entrare nella casa, o nella testa di qualcuno, piantarmi lì di mia iniziativa e aprire i rubinetti. Ogni cosa a suo tempo. E c'è un tempo per ogni cosa.
Il Tempo.
In effetti, dove sono io c'è solo quello. Nient'altro. Quindi è facile capire quanto sia relativo per me un giorno, una settimana, un mese. Io non ho scadenze, non ho orari, non ho una fine. Ho il Tempo, e devo soltanto riempirlo. E un'idea sul come farlo l'avrei.
Non sono ancora una donna, ma non sono certamente una bambina, che sia facile da credere o no. Ho il cervello necessario per capire le cose, anche se mi manca l'esperienza. Ci sono molte cose che non conosco ancora, ci sono molte cose che devo vedere. E molte idee che devo farmi. Ma non sono così bambina da non poterle affrontare. Alla fine, ho sempre fatto quello che dovevo, in un modo o nell'altro, con o senza paranoia. Forse ho fatto un po' più fatica di altri. Ma l'ho fatto, Cristo. Questo conta.
La mia emotività è in grado di piegarmi la schiena, farmi rimbombare per giorni le parole nella testa, farmi sentire cento volte lo stesso colpo, sempre con la stessa intensità. Non è sempre divertente. Ma sono fatta così, questa è la mia testa, e anche se non ci si abitua mai a queste fucilate si impara a vivere lo stesso, digrignando i denti magari, non riuscendo a dormire la notte, ma comunque alzandosi ogni mattina e facendo quello che bisogna fare. Sta qui il mio piccolo punto di forza: nel fare le mie cose anche quando la testa non c'è più.
Oggi la mia testa non c'è, per esempio. E' vero, in questo momento non sto facendo il mio dovere, ma è importante che io dica queste cose ora e qui. E' maledettamente importante. Non so nemmeno io dire precisamente perché.
La mia testa non c'è. Io non ci sono. Ho qualcosa da risolvere, prima di tutto.
Ho scelto di imboccare una strada che stavo già pensando mi sarebbe piaciuto prendere, e quando mi è stata indicata non ho avuto troppe esitazioni. Non è una strada diritta, non è un lungo rettilineo. E' una strada lunga, e non si sa dove conduca. E questo fa paura. Anzi, fa molta paura. Diciamo le cose come stanno: mi terrorizza. E non solo me.
Ormai sono qui, e non posso tornare indietro, far finta di non aver fatto questo percorso, che nulla sia accaduto e riprendermi quello che avevo fino ad un attimo fa. Non mi basterebbe più. Sono qui per rischiare, e il rischio lo voglio correre sul serio, e non voglio accontentarmi di un tentativo fatto a metà, per la fretta.
Le cose se si fanno van fatte per bene. Davanti ad ogni situazione bisogna prendersi tutto il tempo necessario per valutarla, analizzarla, riscontrarne i problemi e vedere se e come possono essere risolti. Bisogna essere in grado di dare e incassare colpi. Bisogna prendersi la responsabilità di quello che si sta facendo. E non mi pare si tratti di una cosa da bambini.
Se non valesse mai la pena di correre il rischio di fracassarsi contro un muro, o contro un treno, spezzandosi ogni singolo osso, forse sarebbe meglio scomparire nel nulla, come se non si fosse mai nati.
Io il rischio lo voglio correre. Voglio avere il tempo di farmi del male o di essere felice, e voglio impiegare ogni secondo necessario per scoprire quale delle due cose sarà. Dammi solo la possibilità di farlo. Fidati di me. E sii ottimista.

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