domenica 28 febbraio 2010

Enjoy the Silence

Enjoy the Silence.
C'è tutta una spvrastruttura sulle parole e i fatti, sul valore del silenzio, sull'invadenza delle cose dette: ma in buona sostanza il concetto è "baciami, stupido!"
-Luca Sofri, Playlist

Ho ripulito la mia scrivania. Anche se non sembra. Ci sono ancora mucchi di oggettini privi di senso e di ragioni di esistere infilati in qua e là: una moneta del 1863, un piccolo ferro da stiro, modello casa delle bambole, sei gomme da cancellare a forma di macchinina, vari piccoli oggetti a forma di fungo, dadi, spille da balia, biglietti da visita, pezzetti di fil di ferro...
Durante i miei scavi ho ritrovato il mio quadernino rosso di quando ero in terza superiore, con la copertina sciupata e una frase in russo scritta sopra. Significa: "State lasciando il settore americano".
Dentro ho ritrovato appuntati molti testi di canzoni, frasi di libri, di film, macchie nere e ditate. E questa frase.
Ricordo che mi era tanto piaciuta. Anche se non aveva probabilmente nulla a che fare con me allora. E forse, neanche adesso.
Io parlo. Io parlo un sacco. E pure di corsa. Senza respirare. E pure a volume alto.
Ci metto tanta energia e tanta foga che mi vengono le vertigini, e sento come se il sangue si concentrasse tutto nella testa. Non posso stare zitta, non posso non dire. Devo alzare il volume, devo dire le cose più velocemente, devo farmi ascoltare. Per forza. Anche se non c'entra nulla. Anche se a nessuno interessa.
Tutta quest'ansia, tutto questo bisogno di raccontare, di comunicare, non so da dove mi vengano. E mi pare non servano a niente. Perché non sto semplicemente zitta?
C'è, c'è sempre un momento in cui non parlo, in cui non dico quello che vorrei. Ed è difficile. Starsene lì, e sentire le parole che quasi mi scappano dalla bocca, indipendentemente dal cervello, indipendentemente dalla mia volontà cosciente. Se ne vogliono andare, vogliono essere dette, e le riprendo sempre per un pelo. Come quando si regge l'anima coi denti.
Qualche volta mi sorprendo mentre sto già prendendo fiato per lasciarle andare. E mi fermo. Il cuore mi schizza in gola, la mandibola si serra. E le labbra tremano. Come le ginocchia. Il battito accellera e così il respiro, la vertigine aumenta, e vedo il baratro sotto i miei piedi. Non posso dire niente adesso.
Un giorno mi scapperà la parola sbagliata. Almeno spero succeda nel momento giusto.
Il valore del silenzio. L'invadenza delle cose dette.
Qualcosa che forse dovrei imparare. Ma il silenzio non è mai vuoto. Ci sono le cose non dette, nel silenzio. E lasciarle lì non le cambia, e non sono nemmeno sicura che le metta in stand-by. Molto più probabilmente, le fa crescere.
E' vero, per me ci sono cose difficili da dire, perché l'emozione arriva prima della parola. Ma non sono capace di tacere nulla. Adesso mi frena solo la paura. La Paura Grande. Mi sta profondamente sulle scatole.
Vorrei avere mani da mettere avanti, ma non servirebbe. E non servirebbe nemmeno sminuire il tutto, fingere che non abbia importanza. Come l'orgasmo.
Posso fermare le parole tra i denti, ancora una, due, tre, mille volte. Ma il Silenzio non cancella niente.

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