mercoledì 10 febbraio 2010

Immagini di questa notte, del risveglio, di questa giornata

Stanotte non riuscivo a prendere sonno.
Il pensiero di aver dato e superato il mio primo esame, aggiudicandomi un bel "ventisette", scritto a caratteri ordinati sul mio libretto, non mi fa sentire affatto sollevata. La consapevolezza che un altro esame è alle porte è molto più forte del sollievo.
In più, a togliermi il sonno c'erano le condizioni in cui versava la mia testa. Dire che mi faceva male non rende abbastanza l'idea. Avete visto il cartone "Il Gobbo di Notre Dame", trentaquattresimo film d'animazione della Disney? Ecco. Avevo tutte quelle stramaledette campane che mi sbattevano in testa, amplificate al massimo, e ogni singolo gggooooonnnngggg si ripeteva un'infinità di volte. In queste condizioni non si è nemmeno in grado di pensare. Né di vedere. Le immagini si sdoppiano, traballano, saltellano quasi, proprio davanti agli occhi, sotto la punta del naso, tremolanti, con tutta l'aria di esser lì esclusivamente per prenderti per il culo.
Mi sono addormentata solo verso l'alba, e ho fatto sogni strani, biblici, pieni di sangue.
In una prima fase era tutta una finzione, un gioco. Poi si trasformava in realtà, un revival dell'ultima piaga di Egitto, in cui bisognava tingere di sangue la porta di casa per evitare la catastrofe. C'era una donna con me, anche se non la ricordo nitidamente. Era alta, scura e coi capelli corti. Aveva l'aria di saperne un bel po'. Ma non aveva molta voglia di dare spiegazioni.
Ha preso un bambino appena nato e gli a spaccato la testa contro un muro, facendo schizzare il sangue ovunque. Sembrava ketchup.
Ha iniziato a strizzarlo, e dalla spaccatura nel cranio usciva sangue, tanto sangue, con cui segnava le porte e le fronti delle persone. Per salvarle. Ma non saprei dire da cosa.
Ha detto che era necessario. E io non ho fatto domande.
Poi ho cominciato a destarmi dall'incubo.
Piano piano, il cervello ha cominciato a scollegarsi, mentre iniziavo a percepire i raggi del sole che mi battevano sulle palpebre. E ho sentito una voce che mi parlava. La voce di qualcuno inginocchiato accanto al mio letto, che mi sussurrava parole nell'orecchio, parole che ho distinto, chiaramente, e che non riuscivo a credere di aver udito. Ho riconosciuto la voce, subito, ed ho aperto gli occhi, quasi scattando all'indietro. Ma non c'era nessuno. Ovviamente.
So chi è stato a parlarmi, so cosa mi ha detto. E in qualche modo ci credo. O voglio crederci. Vedremo se sto facendo bene.
Mi sono svegliata con un gran mal di testa, e un gran mal di tutto. Mi sentivo scricchiolare. La vita della studentessa, tappata in casa coi libri, che passa dalla scrivania al letto, non fa proprio per me. Mi rende acciaccata, nervosa e cigolante. Ma al momento questo mi tocca.
Ho quasi avuto un colpo quando, andando a prendere i libri per studiare, mi sono accorta di non avere quello che mi serviva. E quindi ho speso l'equivalente di un rene umano in sms e telefonate per vedere se qualcuno poteva salvarmi in extremis procurandomi il libro giusto. Il salvataggio è avvenuto, e ho potuto concentrarmi sui protozoi.
Bestioline odiose, i protozoi. Non mi sono mai piaciuti. Loro e la loro grande variabilità riproduttiva, i loro flagelli e le loro ciglia. E il sesso. Il sesso tra protozoi. Uno dei più grandi sprechi della natura. E la parte peggiore è che vanno in culo a tutti. Al diavolo.
Domani i miei partono. Mi aspettano giorni di isolamento. Soltanto io, il cane e i libri. E un esame da dare. Un altro. E poi? Poi si comincerà a preparare chimica.
Almeno eMule ha ricominciato a funzionare. Però ora che va di nuovo, tutti gli altri programmi sono rallentati in maniera snervante. Era ovvio.
Ma basta lamentarsi.
Non voglio pensare. Non a tutto questo.
Voglio che il mio ricordo di oggi sia la voce che mi ha parlato al risveglio. Sarà banale, ma mi va bene così.
Buongiorno...

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